Località: Pisciotta – Rodio
Lunghezza: 13 Km
Altimetria : 175-701 m.s.l.m.
Dislivello: 500 m
Difficoltà: media
Durata: 4 ore e 30 minuti
Il sentiero ad anello si inoltra nella macchia delle colline a ridosso di Pisciotta, svelando la natura, a volte aspra, del territorio. Piccole mulattiere, ripide salite e discese su rocce sporgenti, sono dominate da una vegetazione che sembra animata dalla voglia di riprendersi ogni spazio. Seguiamo l’esperienza di trekking narrata da Francesco D’Amato, assessore alla cultura.
Il racconto della prima ricognizione del tracciato
L’itinerario ha il suo punto di partenza e di arrivo nella piazza “R. Pinto” del borgo medievale di Pisciotta. Ci incamminiamo in direzione Palinuro e dopo appena 200 metri cominciamo la salita che conduce in località “Riùla”.
Lo scenario di partenza è quello tipico della zona: “ulivi, ulivi, sempre ulivi, ulivi come pecore a frotte” diceva Ungaretti nel suo “Viaggio per il mezzogiorno”. In effetti, i tipici uliveti secolari della varietà, appunto, “pisciottana”, sono interrotti soltanto dai coloratissimi orticelli disseminati intorno al paese, arroccato su di una collina a picco sul mare (175 s.l.m.).
Dopo appena 1 Km incontriamo la prima splendida attrattiva: un antico mulino ad acqua ormai in disuso. Si giunge al complesso, veramente notevole nella mole, guadando il torrente “Fiori” per mezzo di un meraviglioso ponte in pietra “a schiena d’asino”, autentico capolavoro architettonico.
Proseguiamo per il sentiero, lasciando il “mulino alla riùla” sulla sinistra ed inerpicandoci per una salita inizialmente rocciosa e caratterizzata dai profumi estasianti della bassa macchia mediterranea, ricca di mirto, lentisco, cisto, carrubo, lauro, ginestra Ö
Percorriamo un altro chilometro e già lo scenario muta radicalmente: il piacevole sottofondo dato dallo scrosciare del torrente “Fiori” ci abbandona, allorchÈ passiamo sulla sponda opposta della collina. Qui, sul versante meno esposto alla luce del sole, la vegetazione si infittisce e cos” pioppi, lecci, ontani e, più su, castagni, si chiudono ad arco sopra le nostre teste, rendendo gradevole e davvero poco faticosa la comunque graduale salita.
Il cammino è sempre accompagnato da uccelli di vario genere, in particolare sono numerosissimi falchi, merli, corvi; ma a richiamare decisamente la nostra attenzione sono i colori primaverili, estremamente vari e accattivanti: dal giallo delle ginestre al bianco dei cisti in fiore, dal verde luccicante degli altissimi pioppi al verde scuro e fitto delle praterie di lentisco. Bellissimo.
Dopo la prima ora di cammino giungiamo ai circa 450 metri di altitudine della località “Rungi” dove la scena cambia di nuovo, per la terza volta. Improvvisamente, il sentiero all’ombra dei castagni sfocia in una strada ampia ed in piano, costellata di casette rurali e di immensi vigneti.
Iniziamo anche ad avere visuali più ampie, che si traducono in panorami assai suggestivi.
Un quarto d’ora in pianura, giusto per rilassarsi un attimo e gustarsi dall’alto il tragitto compiuto, e ci ritroviamo in località “Piano del campo”, dove una freccia indica l’inizio della salita che porterà al colle “Castelluccio”.
Procediamo senza sforzi particolari data la dolcezza del pendio (in definitiva saliremo da quota 175 s.l.m. a quota 701 s.l.m. in 2,5 ore e 7 Km ca.).
Lungo la strada inizia a farsi spazio una specie botanica assolutamente dominante: il corbezzolo. Questa pianta, in inverno ricca di deliziosi frutti, ottimi per le marmellate, è associata, nell’immaginario comune, ad un piccolo arbusto tipico della macchia mediterranea. Qui troviamo alberi alti fino a dodici metri che costituiscono lembi di veri e propri boschi!
Nel sottobosco, poi, dato il periodo, iniziamo a scorgere praterie di fragoline e cos” i tempi di percorrenza si allungano, senza peraltro rammarico da parte di alcuno Ö
In verità, è difficile immaginare un periodo dell’anno dove la natura, che in queste zone è alle sue massime espressioni di amenità e ricchezza, non regali deliziosi frutti al visitatore rispettoso ed attento: more, fragole, castagne, noci, ciliegie, albicocche, fichi, etc..
E’ trascorsa un’altra ora abbondante e giungiamo ai piedi del sospirato colle, ovvero all’area attrezzata “Castelluccio”.
Qui sosteremo per il pranzo, ma troviamo agevolmente gli stimoli per proseguire oltre per qualche centinaio di metri, fino a giungere sulla vetta.
E’ l’apoteosi di tutti i panorami che salendo avevamo intravisto a tratti. Da Castelluccio è visibile praticamente tutto il Cilento: all’interno, la vista va dal Monte Stella (1131m.) al Monte Bulgheria (1226 m.), passando per il Monte Gelbison (1701 m.) ed il Monte Cervati (1998 m.); sul mare, lo sguardo può spaziare da Capo Palinuro a Punta Licosa. I paeselli del Cilento interno sono ai nostri piedi, cos” come le ampie valli dei fiumi Lambro e Mingardo.
Sono necessari, insomma, dieci minuti buoni per mettere a fuoco tutti gli elementi del paesaggio che si è aperto davanti ai nostri occhi!
Quasi non ci avvediamo dei ruderi di un avamposto militare (III∞ sec. a.c.) dell’antica ed importantissima città greca di Elea (la patria di Parmenide e Zenone, culla della Filosofia occidentale).
Siamo ora pronti per la lauta pausa pranzo.
Trascorso il tempo necessario a smaltire la fatica a colpi di prodotti tipici cilentani, ripartiamo in direzione nord. La strada che caratterizzerà la terza ora di cammino sembra fatta apposta per accompagnare la digestione e riprendere il ritmo della camminata.
In un’ora scenderemo da quota 701 slm a quota 633 slm: praticamente un pianoro. Del resto la denominazione topografica “le serre” ci dice che stiamo percorrendo il crinale di una panoramica e lussureggiante collina.
Siamo ormai attorniati solo da altissimi castagneti. La strada è dapprima ampia e soleggiata, poi lascia spazio ad un sentiero più stretto ed addirittura immerso nella fitta vegetazione. Questo antico tratturo di briganti e contadini è la parte più suggestiva e piacevole dell’intero itinerario.
Non ci accorgeremmo nemmeno di essere arrivati all’inizio della discesa se non fosse che sulla nostra sinistra si apre improvvisamente uno squarcio di luce.
Siamo giunti al punto panoramico “Acqua della castagna”.
Nel più profondo del bosco di corbezzoli che intorno ai 600 metri di altitudine ha soppiantato i castagneti, un grande scoglio, a mò di trampolino, si protende quasi sospeso, nel vuoto del crinale che ripido scende a valle. Giù, lo scenario sul paese di Pisciotta proiettato sull’immensa distesa di mare sottostante, è semplicemente mozzafiato.
E’ dura ripartire ed il rapido incedere della discesa finale ci agevola soltanto un po’ il compito. Lentamente ritorniamo nell’habitat antropizzato (< 450 s.l.m.), rituffandoci negli uliveti secolari e nei frutteti che non sfuggono al nostro desiderio di degustare ancora prodotti tipici!
Quando scocca la quarta ora di cammino giungiamo in prossimità del punto panoramico di S. Bernardino, snodo cruciale tra gli abitati di Pisciotta e Rodio e luogo frequentato già dai monaci greci di culto basiliano, che eressero un piccolo cenobio (VIII∞ sec. d. c.).
Da qui una stradina in selciato, purtroppo per lo più divelto, scende ripida verso
Fonte:Scopri Pisciotta